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Andrea Costantini

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I Colloqui di Dobbiaco confermano l’urgenza dell’azione climatica

Pubblicato il 7 Ottobre 2021

L’11 dicembre 2019 è una data chiave della politica europea, in quanto la Commissione in tale data presentò il “Green Deal“, ovvero un corposo e complesso piano di azioni a favore della trasformazione verso una “crescita sostenibile”, da ottenersi mediante un programma descritto in più step (si vedano i link istituzionali https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_19_6691 e https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it).
In quel momento nessuno però avrebbe potuto sapere che di lì a qualche mese la pandemia di Covid-19 avrebbe stravolto le nostre vite e cambiato, per molto tempo, gli equilibri geo-politici e sociali di moltissimi paesi del Mondo, inclusi i membri dell’UE.
Gli strumenti finanziari successivamente messi in campo dall’UE ed i relativi piani nazionali (in Italia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR vale 222,1 miliardi di Euro più ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche e per il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, si veda il riferimento https://www.mef.gov.it/focus/Il-Piano-Nazionale-di-Ripresa-e-Resilienza-PNRR/), promettono di agire nella direzione ormai obbligata della de-carbonizzazione a tutti i livelli, ma molti sono i dubbi e le perplessità che aleggiano su queste iniziative che ancora considerano la “crescita” il parametro per portare “benessere e felicità”. Lobby politiche sovranazionali, resistenze interne ai governi, gruppi di pressione locali fino ad arrivare ai singoli cittadini poco disposti a “sacrificarsi” per il clima rendono ardua ed incerta la realizzazione di piani di vero cambiamento, che deve passare per una veloce, energica e mondiale riduzione dell’uso di combustibili fossili.

Di questi e di tanti altri temi connessi si è parlato alla 32a edizione dei Colloqui di Dobbiaco, tenutesi nella prestigiosa sede del Centro Culturale Euregio Gustav Mahler di Dobbiaco (BZ), ai quali ho partecipato insieme ad un centinaio di persone arrivate sia dall’Italia che da Tirolo austriaco e Germania, oltre che dall’Alto Adige; il programma completo è visibile a questo indirizzo https://www.kulturzentrum-toblach.eu/it/programma-culturale/colloqui-di-dobbiaco/programma-colloqui-di-dobbiaco-1261.html e molti sono stati gli interventi di spessore ai quali è seguito un dibattito tra oratori e pubblico.

Le pause ed i momenti informali hanno inoltre favorito lo scambio di pareri e commenti “a margine” dell’evento principale, permettendo di entrare in contatto con altre persone provenienti da altre nazioni, appartenenti a movimenti di lotta ai cambiamenti climatici e a gruppi di informazione e sensibilizzazione su temi ad essi correlati (ad esempio ho conosciuto i rappresentanti del “Comitato unico Peraltrestrade” attivo in Cadore dal 2007 e particolarmente focalizzato sul tema della mobilità sostenibile: https://www.peraltrestrade.it/chi-siamo/).

Tra i molti spunti ricevuti, ho particolarmente apprezzato i contenuti degli interventi del Prof. Georg Kaser che ha fatto parte dell’IPCC come Lead Author del Quarto Assessment Report e del Technical Paper on Climate Change and Water, glaciologo e scienziato di fama internazionale, professore della facoltà di meteorologia e geofisica di Innsbruck, ha collaborato tra l’altro anche con il consiglio per l’Ambiente delle Nazioni Unite ed è stato insignito del premio Nobel per la pace con Al Gore 2007.  Ho avuto inoltre l’opportunità di scambiare qualche parola con il Prof. Kaser in merito alla deglaciazione alpina e alla velocità con cui sta accadendo e lui ha ripetutamente e fermamente ricordato che “non c’è più tempo”, e che i cambiamenti climatici indotti dalle emissione umane a tutti i livelli hanno ormai compromesso irrimediabilmente l’equilibrio climatico che, come ormai noto, volge velocemente all’insegna del riscaldamento e dell’aumento di eventi estremi su scala globale, con tutte le conseguenze connesse. 


La rapidità sempre più sorprendente di tali cambiamenti, la loro penetrazione in tutti i luoghi del mondo e la crescente intensità rilevata supera qualsivoglia tempistica attuale di reazione umana, che per essere efficiente avrebbe dovuto iniziare almeno 30 anni fa o prima, considerando che le conoscenze scientifiche ed il pericoloso “gioco” connesso alle emissioni di gas serra erano note già dagli anni 60-70 (si ricordi che, nel 1968, circa 30 scienziati, economisti e industriali europei si riunirono a Roma per discutere di problemi globali, dando origine al “Club di Roma” che pubblicò poi il libro “I limiti dello sviluppo. Rapporto del System Dynamics Group Massachussets Institute of Technology (MIT), Mondadori 1972”, di cui si può leggere qualche estratto qui: https://fondazionefeltrinelli.it/il-club-di-roma-sui-limiti-dello-sviluppo/).

E’ il famoso “ce l’avevano detto” : nessuno venga a dire che “non lo sapevamo”; le sfide del futuro (a breve termine, 10-15 anni, non serve arrivare al 2050…) sono importanti ed incideranno notevolmente sullo stile di vita attuale, limitando fortemente molti aspetti di quella che per noi è oggi l’inviolabile libertà personale” (qual è, ad esempio, il possesso di auto private ad uso personale) e, in sintesi, determinando un cambiamento radicale che temo possa essere non indolore, anche per la struttura stessa della democrazia nella quale credo fermamente.
C’è un’alternativa? Possiamo ignorare il problema e sperare che si risolva da solo? No, dobbiamo adattarci e imparare a decrescere, allontanando la presunzione che la specie umana possa crescere indefinitamente in un mondo finito, respingendo il pernicioso assunto che siamo la specie dominante e che la tecnologia ci potrà salvare da ogni situazione (da noi stessi creata…).

Cosa possiamo fare noi tutti? Informarci da fonti certificate, aumentare le nostre conoscenze scientifiche, partecipare direttamente a iniziative di formazione e protesta, sostenere i giovani e opporci fermamente a scelte politiche ed economiche indifferenti o dannose al nostro ambiente e, in definitiva, anche alla nostra vita in quanto appartenenti allo stesso sistema. Personalmente mi sto sempre più impegnando (non senza difficoltà e insuccessi) a ridurre la mia impronta ecologica, al tempo stesso cercando di eliminare il superfluo, il comodo, il facile. Penso che il futuro sarà caratterizzato da imposizioni “scomode” ma necessarie, che limiteranno notevolmente la mia “libertà personale” (ad esempio su spostamenti, viaggi, cibo, acquisti materiali e tanto altro), e quindi cerco di prepararmi, oltre ad aumentare la consapevolezza che il futuro sarà diverso da quanto abbiamo vissuto in questi ultimi decenni, con crescenti tensioni sociali e lotte per le risorse (ad esempio per l’acqua…). Essere consapevoli e sentirsi “pronti” non basta, ma aiuta a capire che dovremo rivedere buona parte della nostra società, a causa delle complesse e sempre più pressanti conseguenze del cambiamento climatico da noi stessi creato e che siamo chiamati ora a “gestire” (sempre che riusciremo davvero a farlo).

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