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Andrea Costantini

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Nuovo record per la grandine in Europa: quali i possibili scenari futuri?

Pubblicato il 25 Luglio 2023

Grandine, tornado, alluvioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, siccità, incendi boschivi… sono tutti elementi naturali (e ve ne sono milioni d’altri) che da sempre plasmano il Pianeta Terra. Da circa 4 miliardi d’anni le forze della natura si affrontano in prodigiosi “duelli”, alcuni dei quali  con durate temporali “ridotte” (ovvero qualche decina di migliaia di anni, come le glaciazioni), altre più lunghe e ancora in corso (si pensi ad esempio al movimento delle placche tettoniche). Stiamo parlando di scale temporali difficili da “toccare”, un po’ come quando parliamo di “anni luce”, ovvero l’unità di misura che, in astronomia, si usa per esprimere le distanze con (e fra) oggetti celesti posti al di fuori dal Sistema solare (e che corrisponde a 9461 miliardi di chilometri).

Numeri spaventosi, di un sistema estremamente complesso e ad oggi quasi sconosciuto nella sua vastità; e poi c’è la specie umana, con i suoi beni materiali, le sue proprietà, la sua esistenza, le sue multiformi necessità.

Cosa è successo quando queste due “entità” si sono incontrate? Le cronache dei millenni scorsi ci raccontano di tremende alluvioni che hanno distrutto civiltà, di siccità lunghissime e migrazioni di massa, di difficile adattamento e miglioramento delle condizioni di vita grazie all’ingegno e al tempo stesso la perenne esposizione agli eventi ed alla loro imprevedibilità e mutevolezza. Poi la tecnologia, grazie all’industrializzazione, ha portato gradualmente alla creazione di “difese” più o meno robuste, ed al tempo stesso nella sua complessa evoluzione ci ha dotato di armi potenti per contrastare gli elementi (si pensi alle dighe, opere incredibilmente intelligenti ma al tempo stesso copiate dalla natura). Gli ultimi decenni hanno visto un aumento esponenziale della popolazione umana, spesso concentrata in zone povere e sempre più esposte ai cambiamenti climatici, dove l’adattamento è quasi impossibile, ed è in questo contesto che gli eventi naturali possono incidere drammaticamente, sia che si tratti di un monsone in India che di una supercella temporalesca sulla pianura padana.

Ricordiamo infatti che, di per se, una grandinata da 6cm di diametro che cade su un prato non danneggia alcunché, ma la stessa idrometeora che precipita qualche metro più in là sul tetto di un’abitazione, sui vetri di un’auto, su una serra per l’agricoltura o sulla testa di una sfortunata persona fa tutto un altro effetto. Al tempo stesso, la medesima grandinata caduta su un villaggio del 1600 avrebbe sicuramente danneggiato edifici rurali e raccolti, ma non aveva alcuna possibilità di distruggere una macchina o una dependance, semplicemente perché non esistevano. E’ quindi anche difficile comparare gli effetti attraverso la “semplice” analisi dei danni, in quanto essi dipendono dall’esposizione al rischio a parità di fenomeno.
Lo stesso dicasi per un’alluvione: se sul suo percorso trova solo distese di alberi o di prati, l’area verrebbe devastata ma la natura, con i suoi tempi lenti, troverebbe un nuovo equilibrio.

Invece, purtroppo, l’interazione tra elementi sempre più potenti e la velocità della civiltà umana non lascia la possibilità di arrivare subito a nuovi equilibri, a meno di immensi sforzi e di inedite capacità di adattamento a scenari non più così futuri ma ormai di stretta attualità, come ci dimostrano le numerosissime e distruttive grandinate che sono state registrate negli ultimi 8-10 giorni, sia sul nostro territorio ma anche su altre regioni del nord Italia.

La previsione e l’evoluzione sono stati seguiti con precisione e metodo scientifico dal gruppo di ricerca PRETEMP  che ha permesso di individuare, con anticipo, le zone a maggior rischio di questi fenomeni (si veda ad esempio l’articolo del 23 luglio. 

A confermare l’eccezionalità degli eventi di questo luglio 2023, è arrivata anche la notifica, da parte dell’ESSL, European Severe Storms Laboratory (organizzazione no profit per la ricerca sugli eventi estremi – https://www.essl.org/cms/about-us/press/ e https://www.facebook.com/European.Severe.Storms.Laboratory), che nel corso dei temporali del 24 luglio è stato battuto il record europeo di grandine, a soli 5 giorni dal precedente (16 cm a Carmignano di Brenta il 19 luglio): un vero e proprio bolide con lato più lungo pari a 19cm, confermati dalle analisi del team sulla base delle informazioni raccolte in maniera indipendente (è una foto che gira molto in queste ore ed è associata ad un prodotto per la pulizia, per farne meglio comprendere le dimensioni), è stato fotografato e catalogato nella frazione di Tiezzo ad Azzano Decimo (PN).
Ad oggi, per quanto noto, il record mondiale è detenuto dalla località di Vivian, South Dakota (USA), dove la dimensione massima è stata di 20.3cm nel 2010. Come a dire che, nella nostra “piccola pianura padana”, le condizioni termodinamiche hanno potuto generare un’idrometeora che, fino a pochissimi giorni fa, pensavamo fosse appannaggio solo delle Great Plains americane. Ebbene, i fatti dimostrano il contrario.

Ecco l’immagine (fonte https://www.facebook.com/photo/?fbid=672475461590242&set=pcb.672476311590157 )

Cosa ci dice la scienza a tal proposito? cosa sappiamo ad oggi della relazione tra cambio climatico e probabilità di eventi estremi?

Per tentare di dare una risposta, utilizziamo esclusivamente fonti ufficiali e documentate, tra cui l’articolo scientifico “The effects of climate change on hailstorms – Nature Reviews Earth & Environment · February 2021” testo disponibile al link https://www.researchgate.net/publication/349143679_The_effects_of_climate_change_on_hailstorms

Il testo, in lingua inglese ma agevolmente traducibile, permette di analizzare nel dettaglio sia il processo di formazione della grandine (se non sappiamo come si forma e come precipita al suolo non possiamo comprendere nulla del resto del discorso) sia gli scenari connessi all’aumento delle temperature medie (e quindi della disponibilità di vapore acqueo che, come noto, ha una relazione diretta con la temperatura: a 20°C, 1m³ di aria può contenere al massimo circa 17g di vapore, mentre a 30°C ne può contenere circa 30g, ovvero quasi il doppio).

Come risultato del riscaldamento antropogenico, si prevede pertanto che sia l’umidità nei bassi strati dell’atmosfera (elemento chiave dell’alimentazione delle celle temporalesche) che l’instabilità convettiva (ovvero i moti  verso l’alto che portano in alta quota il vapore e ne permettono un massiccio ghiacciamento) aumenteranno, innalzando così la probabilità di grandinate e consentendo la formazione di chicchi di grandine più grandi; al tempo stesso l’altezza di fusione aumenterà (ovvero il livello medio al quale la grandine inizia a fondere prima di colpire il suolo salirà di quota man mano che la terra si riscalda), ma crescerà anche la dimensione media dei chicchi di grandine sopravvissuti […].

Lo studio precisa anche che, date le differenze geografiche e le interazioni in questi cambiamenti ambientali previsti, esiste un’eterogeneità spaziale nelle risposte previste. Le osservazioni e la modellazione hanno portato all’aspettativa generale che la frequenza delle grandinate aumenterà in Australia e in Europa, ma diminuirà in Asia orientale e Nord America, mentre la gravità della grandine aumenterà nella maggior parte delle regioni. Tuttavia, questi cambiamenti previsti mostrano una marcata variabilità spaziale e temporale.
A causa della scarsità di osservazioni a lungo termine, nonché della comprensione incompleta del processo e dei limitati studi di modellazione che studiano la convezione, gli effetti attuali e futuri dei cambiamenti climatici sulle grandinate rimangono altamente incerti.

La prudenza tipica del metodo scientifico non deve essere considerata una “scappatoia” per attribuirle scarsa o nulla efficacia, e quindi auto-convincersi che “ancora non si sa praticamente niente di certo”. Dobbiamo attendere la “certezza” per comprendere la scala dei meccanismi che si sono messi in moto dopo 150 anni di industrializzazione e di crescita smodata, in un pianeta dalle risorse finite e con oltre 4 miliardi di storia alle spalle?

Qualcuno pensa ancora che, non essendo ancora “100% sicuro” che i fenomeni che osserviamo sempre più di frequente (sia su scala locale che globale), siano davvero attribuibili all’azione umana, possiamo ancora baloccarci nella “speranza” che alla fine si dimostri tutto un bluff (magari orchestrato da “forze superiori” non meglio precisate) e che con un paio di inverni “più freddi” tutto si sistemi.

L’atmosfera e le sue complesse interazioni (si pensi alle molteplici interfacce oceano/aria/terra/calotte polari) sono senza dubbio elementi estremamente difficili da modellare numericamente, ma i progressi tecnologici e scientifici finalizzati alla loro comprensione, così come le competenze di migliaia di scienziati e tecnici che dedicano ogni giorno allo studio del clima e dei suoi mutamenti, stanno inequivocabilmente portando alla luce elementi chiari che, sebbene ancora “non sicuri al 100%”, sono ormai ben più attendibili di qualsiasi pacchetto di azioni o di investimento finanziario che, al contrario, spesso sottoscriviamo senza pensar troppo al gioco delle probabilità (con risultati che a volte sono del tutto nefasti).

Passate le tempeste, ci dimenticheremo di loro e dei loro effetti (non subito, ma tra qualche settimana, magari quando le assicurazioni, ove possibile, ci avranno coperto i danni), ma l’atmosfera rimane e sarà sempre più calda ed umida, perché sappiamo tutti dall’esperienza che, anche se spegniamo il fornello sotto ad una pentola di acqua bollente, essa rimarrà “calda” a lungo (si chiama inerzia termica). Ebbene, la nostra società non solo non sta chiudendo il fornello, ma sta aumentando la portata di quel flusso di gas. La fisica non ha né colore politico né interesse privato; è indifferente e fa i suoi calcoli, per poi presentarci il conto. Che sarà sempre più salato.

2 pensieri riguardo “Nuovo record per la grandine in Europa: quali i possibili scenari futuri?”

  1. stefano cattai ha detto:

    Grazie Andrea per l’interessante approfondimento. Da ignorante in materia la domanda che mi pongo é: se da adesso partiamo tutti con un comportamento ecosostenibile globale ,potremmo ritornare indietro o quello che è stato fatto è ormai irriparabile e possiamo solamente limitare il peggioramento della situazione? In poche parole anche le generazioni future avranno in eredità questa situazione anche se faremo i ” bravi” ?
    Ti ringrazio e saluto
    Stefano

    1. Costa ha detto:

      Ciao Stefano,
      eccomi con qualche … aggiornamento in piu’. Dunque, come ti anticipavo e come è anche chiaro nel mio articolo, dobbiamo considerare il sistema terra come un immenso e complesso sistema dotato di inerzia termica, concetto che sperimentiamo tutti i giorni (banalmente, portiamo l’auto arroventata dal parcheggio esterno al garage e per un bel po’ continuerà ad emanare calore, cosi’ come fa un parcheggio di asfalto per tutta la notte anche dopo che il sole è tramontato e molti esempi simili).
      Ebbene, buona parte del riscaldamento in corso a livello planetario si sta accumulando non nell’aria (che ha scarsissima capacità termica), ma nell’acqua degli oceani, che al contrario possono accumulare calore molto efficacemente (la “pentola di acqua calda” citata nell’articolo…).

      Le stime sono ancora incerte ma gli studi sono assolutamente indirizzati nella stessa direzione: basta ad esempio leggere questo articolo della NOAA americana (2020 ma ovviamente valido) https://www.climate.gov/news-features/understanding-climate/climate-change-ocean-heat-content. In sintesi, “Più del 90 percento del riscaldamento che si è verificato sulla Terra negli ultimi 50 anni si è verificato nell’oceano. Studi recenti stimano che il riscaldamento degli oceani superiori rappresenti circa il 63 percento dell’aumento totale della quantità di calore immagazzinato nel sistema climatico dal 1971 al 2010, e il riscaldamento da 700 metri fino al fondo dell’oceano aggiunge circa un altro 30 percento” e “Meno di un watt per metro quadrato potrebbe sembrare un piccolo cambiamento, ma moltiplicato per la superficie dell’oceano (più di 360 milioni di chilometri quadrati), si traduce in un enorme squilibrio energetico globale”.

      Come a dire: la pentola è calda, e non calda solo sulla superficie, ma il calore si sta propagando alle profondità, innescando una serie di meccanismi molto complessi di cui ancora si sa poco. Di sicuro c’è che fin da bambini ci hanno insegnato che se si fa il bagno di notte l’acqua è sorprendentemente “piu’ calda” della sabbia, ed è particolarmente piacevole immergersi 😄
      La termodinamica non sbaglia e non va “a colori, a destra, a sinistra, a speranze”; è un metodo matematico, pertanto propone scenari che sono ben allineati tra loro.

      Rispondo infine alla tua domanda (o ci provo, usando uno tra gli studi piu’ recenti ed accreditati, disponibile qui https://royalsociety.org/topics-policy/projects/climate-change-evidence-causes/question-20/). Anzi, lascio a te la lettura… non so come vai con l’inglese, ma un google translator agisce eccezionalmente bene (e, si, quello che emerge è ben chiaro…)

      Se vuoi vedere anche altro, qui c’è una bella raccolta di FAQ: https://royalsociety.org/topics-policy/projects/climate-change-evidence-causes/

      Grazie e ciao

      Andrea

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