Il mattino di lunedì 28 settembre ha regalato un’inaspettata sorpresa nevosa sulla fascia prealpina trevigiana ed in particolare sulla zona più orientale e prossima all’Alpago. Le intense precipitazioni notturne, associate ad aria piuttosto fredda per il periodo, hanno favorito la caduta di neve fino a circa 1400m, imbiancando le cime di Pizzoc e Visentin (circa 14cm di neve misurati dal nivometro alle ore 9 a Faverghera, 1600m, stazione Arpav).
Ecco i dati provenienti dalla stazione Arpav sul Col Visentin – Faverghera (versante nord); si notino i valori di temperatura scesi di poco sotto lo zero e l’aumento della neve in concomitanza delle precipitazioni notturne.
Questo rilevante episodio dal sapore quasi invernale ha fatto seguito alla debolissima ma percettibile “imbiancata” occorsa tra 25 e 26 settembre all’ingresso dell’aria fredda polare che ha dato inizio al maltempo generalizzato dello scorso fine settimana. Si noti che la presenza di neve sulle nostre Prealpi a settembre non si registrava almeno dal 2000 (osservazione personale) e costituisce quindi un evento assai raro (non si dispone di ulteriori e più precise statistiche su questo fenomeno).
All’interno della vasta circolazione di bassa pressione, entrata nel Mediterraneo venerdì, un minimo di pressione associato ad un fronte secondario è risalito dal Tirreno centrale all’alto Adriatico nella notte tra domenica e lunedì, presentando correnti molto umide da est sulle nostre regioni e geopotenziali piuttosto bassi (nel radiosondaggio delle 00Z a Udine è stata rilevata la quota di 850hPa a 1376m con temperatura di +3.4, zero termico a circa 1850m). L’effetto “stau” indotto dai versanti orientali delle Prealpi (in particolare la fascia Piancavallo – Col Nudo) sulle correnti prevalenti ha aumentato le precipitazioni locali sia in prossimità dello spartiacque (linea di cresta) che sulla zona del Cansiglio-Alpago più prossima a tale area, tanto che i pluviometri Arpav hanno registrato valori ben 68.4mm a Col Indes e 58,2mm a Roncadin di Chies.
Per quanto concerne l’approfondimento dei complessi ed affascinanti meccanismi sottesi al fenomeno stau-fohn e agli effetti indotti dalla morfologia sulle correnti e quindi sulle precipitazioni, si consiglia la lettura del “Case study” realizzato da Bruno Renon di Arpa Veneto (Servizio Idrografico, Dipartimento Regionale Sicurezza del Territorio) proprio sul territorio tra trevigiano e bellunese, sfruttando le peculiarità del San Boldo. Link disponibile qui: https://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/agrometeo/file-e-allegati/atlante-precipitazioni/15_Case%20study_%20Prova%20sperimentale%20di%20monitoraggio%20intensivo%20-%20La%20distribuzione%20delle%20precipitazioni%20sulle%20Prealpi%20venete%20orientali.pdf
Le mappe previsionali ad alta risoluzione avevano colto con precisione questa peculiare distribuzione dei picchi, come si evidenzia da questa cartina (modello AROME) per le ore 7 di lunedì.
Anche le stazioni meteo amatoriali del Pian Cansiglio (www.piancansigliometeowebcam.it) hanno confermato una distribuzione pluviometrica decrescente via via che ci si sposta da nord-est a sud-ovest.
Più in generale, si noti anche a livello di regione Veneto che gli accumuli più consistenti sono rimasti sulla fascia orientale, direttamente e più a lungo esposta agli effetti precipitativi del minimo di pressione. Si ponga anche attenzione alla scarsa piovosità di Vittorio Veneto e Tarzo (rispettivamente 9.2mm e 11.2mm – Arpav), tipica di queste circolazioni: un leggero seppur costante effetto fohn indotto nei bassi strati dalle correnti orientali in discesa dal Visentin-Pizzoc-Cansiglio ha diminuito sensibilmente la quantità di pioggia caduta (fenomeno noto in gergo come “ombra pluviometrica”). In inverno, tale effetto è noto per impedire o rendere molto più modeste e transitorie le nevicate sull’alta pedemontana orientale (fascia Vittorio Veneto – Tarzo – Refrontolo) rispetto alle zone di pianura poste più ad ovest (Pieve di Soligo-Vidor-Follina) e a sud (Conegliano).
Infine, nonostante siano già stati scomodati gli auspici e gli oroscopi nonché più o meno noti proverbi, preme sottolineare che l’evento non ha ovviamente alcun valore “predittivo” circa l’andamento dei prossimi mesi e fa seguito ad oltre 20 giorni di anomalie termiche positive assai marcate, pertanto non è nemmeno da intendersi come un “cambio di rotta” rispetto all’andamento climatico generale, tanto che nelle Dolomiti in quota, la prima metà del mese di settembre è stata la 4° più mite dal 1990 (+2,7°C rispetto alla media), preceduta dal 2016, 2006 e dal settembre 2011. Dopo i primi 3 giorni del mese freddi, il successivo periodo è stato caldo con valori ben superiori allo 0.9 percentile (classificabili come eventi rari) il 5 e dal 9 al 15 settembre (escluso il 13 per poco). Fonte Arpa Veneto.